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ISCRIVITICi sono diversi modi di sperimentare la solitudine: ce n’è una psicologica, che percepiamo con la mente, come quando – per caso o per scelta – perdiamo i nostri interlocutori; la seconda è invece biologica, la sperimentiamo con il corpo, quando non possiamo toccarne altri o esserne toccati, o vederne o ascoltarne altri. Sono esperienze, queste, da sempre oggetto di riflessione della cultura filosofica, religiosa, sociale e letteraria. Ma la parte più importante del corpo, il cervello, esperisce invece uno stato di solitudine che tutti gli individui provano ogni giorno: è il discorso interiore, una solitudine involontaria e sistematica, uno stato che impegna almeno la metà del nostro tempo mentale e consuma un’enorme quantità di energia. Sulla scorta delle più recenti scoperte nel campo delle neuroscienze, l’autore fa luce sul funzionamento di questa inedita facoltà di rimuginazione solitaria e sulla sua origine evolutiva, una facoltà grazie alla quale possiamo progettare le soluzioni più adatte alla sopravvivenza quotidiana, che si tratti di comprendere il rapporto tra essere e tempo o di trovare i soldi per pagare le bollette della luce.
Antonino Pennisi è professore ordinario di Filosofia del linguaggio nel dipartimento di Scienze cognitive dell’Università di Messina. Tra i libri pubblicati con il Mulino: «Il prezzo del linguaggio. Evoluzione ed estinzione nelle scienze cognitive» (con A. Falzone, 2010); «L’errore di Platone. Biopolitica, linguaggio e diritti civili in tempo di crisi» (2014); «Che ne sarà dei corpi? Spinoza e i misteri della cognizione incarnata» (2021).