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ISCRIVITILa democrazia costituisce, da due secoli a questa parte, l'orizzonte del "bene" politico, ma al contempo essa ci appare incompiuta se non tradita. Una contraddizione che ha origine nella tensione fra il principio politico della democrazia e il carattere più incerto del suo fondamento sociologico. Che cosa significa e quali sono le condizioni di una "buona" rappresentazione politica in una società composta non più di ceti o corpi ma di individui uguali e al tempo stesso irriducibilmente diversi? Perché proprio quando diventa più sovrano il popolo si fa più introvabile? Pierre Rosanvallon in questo denso studio affronta il problema della rappresentanza a partire dalle formulazioni e dalle esperienze del periodo rivoluzionario francese, attraverso i dibattiti e gli esperimenti dell'Ottocento, per mostrare come fra Otto e Novecento prenda corpo una democrazia dell'equilibrio in cui entrano in gioco i partiti politici e i corpi intermedi come i sindacati, l'adozione di nuove tecniche elettorali e lo sviluppo stesso delle scienze sociali. La crisi di rappresentanza che caratterizza gli anni Settanta-Ottanta del Novecento è stata causata dall'erosione di questa democrazia dell'equilibrio, che ha ricondotto il regime democratico alla sua contraddizione originaria.
Pierre Rosanvallon è professore di Storia moderna e contemporanea al Collège de France e Directeur d'études all'Ecole des hautes études en sciences sociales. Tra i suoi numerosi volumi ricordiamo, tradotti in italiano: "L'età dell'autogestione" (Marsilio, 1978), "Lo stato provvidenza" (Armando, 1984), "La rivoluzione dell'uguaglianza" (Anabasi, 1994), "La nuova questione sociale" (Ed. Lavoro, 1997), "Il politico: storia di un concetto" (Rubbettino, 2005).