#37 | Bologna | 5 novembre 2024
Cara lettrice, caro lettore,
bentornato in Macina o, per meglio dire, bentornato negli anni Ottanta.
31 dicembre 1984, Rai 1, Previsioni del tempo: il colonnello Andrea Baroni annuncia un’anomala ondata di freddo per l’Italia dovuta «a uno stratosferico riscaldamento polare».
Fra il 3 e il 4 gennaio 1985 comincia a nevicare sull’Isola d’Elba, Ischia e gran parte della Sardegna. Due giorni più tardi Piazza San Pietro è coperta di bianco. A Foggia il termometro scende a 10 gradi sotto lo zero.
Nelle città del Nord ha inizio una nevicata che provoca una paralisi senza precedenti: tu c’eri? Te la ricordi?
Pasquale Palmieri è uno storico, Arnaldo Greco un autore televisivo: un duo perfetto per raccontare un evento atmosferico che divenne di costume; per riflettere su un’Italia congelata, ferma sull’orlo di una svolta storica, alle soglie di una modernità attesa e in parte già consumata; per indagare, attraverso un ricordo condiviso, il funzionamento della nostalgia.
Negli ultimi quarant’anni, le ricostruzioni della «nevicata del secolo» sono state caratterizzate dalla tendenza al dolce rimpianto per i tempi andati, per un mondo idealizzato e purtroppo tramontato. Probabilmente anche nel prossimo futuro continueremo a seguire lo stesso indirizzo. Del resto, viviamo in un momento storico in cui si celebrano ricorrenze di ogni tipo.
Festeggiamo i compleanni delle persone morte e diamo importanza agli anniversari, per trovate commerciali o per riflessioni più serie. I cinema organizzano serate speciali riproponendo vecchi film a venti o trent’anni dall’uscita, mentre radio, televisioni e giornali fanno a gara per ripercorrere un qualche evento del passato, magari giocando d’anticipo, giusto per prendere sul tempo i rivali.
I social network sono diventati ricettacoli di ricordi: dalle sigle dei cartoni animati ai vecchi apparecchi elettronici. Ma il trionfo di questo mercato è legato a una disponibilità alla rievocazione forse mai esistita prima. Zygmunt Bauman ha parlato di «retrotopia» come di un’«attitudine delle donne e degli uomini di oggi a cercare nel passato il senso della vita».
Perfino la Disney ha inserito la «nostalgia» tra le protagoniste del film Inside Out 2, in cui si mostrano all’opera le emozioni chiave all’interno del cervello di una ragazzina. Ed è quasi superfluo sottolineare che gli anni Ottanta sono uno degli obiettivi preferiti di questo «mood» nostalgico. D’altronde qualcuno si starà legittimamente domandando: ma senza la nostalgia, esisterebbe questo libro?
Dalle pagine 21-22
No, senza nostalgia i nostri autori non si sarebbero messi a scrivere. Ma la loro rievocazione non è algoritmica: non ha effetti color seppia né musichette di sottofondo. Se è vero, come afferma Stephen King, che «quando c’è in ballo il passato, tutti diventiamo romanzieri», non è vero che tutti sanno raccontare.
Greco e Palmieri selezionano diapositive per andare a fondo, e addolciscono con il piacere della scrittura una riflessione profonda e a tratti dolorosa: la consapevolezza generazionale che la nostalgia degli anni Ottanta è una nostalgia mediale, di secondo livello, una nostalgia della nostalgia: «ci culliamo nel ricordo di un mondo che sentiva a sua volta il bisogno di mitizzare il passato».
È forse la memoria dell’intero decennio a disorientarci. Gli anni Ottanta continuano a profilarsi come un’entità troppo grande e sfuggente per poter essere compresa a pieno con gli strumenti dell’analisi storica. Sembrano essere un infinito bancone di ricordi, al quale possiamo attingere fino allo sfinimento.
Sono un «menù alla carta» che ci permette di scegliere la portata che piace di più, con selezioni caratterizzate da equilibri precari. Possiamo trovare di tutto: Maradona o Platini, il Calippo Fizz o le Big Babol, Wonder Woman o Mork, Claudio Cecchetto o Renzo Arbore, Raffaella Carrà o Loretta Goggi, Heather Parisi o Lorella Cuccarini, Claudio Baglioni o Edoardo Bennato, il reaganismo o la perestrojka.
Quattro anni dopo la nevicata del secolo, cade il Muro di Berlino, il secolo breve finisce e inizia la rievocazione in cui ancora oggi viviamo immersi.
Prima ancora che si possa dichiarare terminato, il decennio già si ammanta di nostalgia. Cosa resterà degli anni ottanta, si chiede Raf nel 1989. E pochi anni più tardi Max Pezzali riesce nell’impresa di costruire un discorso malinconico riferendosi a eventi vicinissimi nel tempo:
Gli anni d’oro del grande Real
Gli anni di Happy Days e di Ralph Malph
Gli anni delle immense compagnie
Gli anni in motorino, sempre in due
Gli anni di «Che belli erano i film»
Gli anni dei Roy Rogers come jeans
Nelle ultime pagine, i nostri autori affrontano la nostalgia come ingrediente politico. Emerge così il ritratto di una generazione.
Con l’arrivo del nuovo millennio, gli ex adolescenti e gli ex giovani degli anni Ottanta approdano nell’età adulta e, al contempo, riescono ad avere il potere di acquisto necessario per accedere al mercato dei ricordi. Quasi a dispetto degli Afterhours e della loro canzone «Non si esce vivi dagli anni ’80» (1999), si assiste a un’esplosione della retorica del paradiso perduto, frutto di un’operazione elegiaca, tesa a rappresentare un momento storico di illimitate possibilità.
In un mondo segnato dalla tragedia dell’11 settembre, dall’esplosione di nuovi conflitti planetari, dall’ascesa di internet, dallo spettro della crisi economica, la televisione propone programmi come Stracult (ideato da Marco Giusti), incentrati sui grandi successi del cinema popolare, rivissuti attraverso i racconti di attori, registi e produttori.
Nell’epoca del «riflusso» si colloca la nascita del berlusconismo e, proprio quando il potere politico di Berlusconi comincia a scricchiolare, molti scrittori e giornalisti sviluppano riflessioni sull’intero decennio.
Il 31 maggio del 2011 Giuliano Pisapia vince le elezioni amministrative e diventa sindaco di Milano, mettendo fine a un lungo dominio del centrodestra. Michele Serra su «Repubblica» e Massimo Gramellini sulla «Stampa» scrivono due editoriali che hanno una sintonia tanto casuale quanto significativa. Secondo loro, il risultato delle urne offre un messaggio inequivocabile: sono «finiti per sempre gli anni Ottanta italiani», il decennio più lungo del «secolo breve», capace di prolungare oltre i confini del millennio le sue promesse e le sue illusioni.
Cosa resterà di questi anni Ottanta? Cosa resterà di noi?
Bologna | 5 novembre | ore 17:30
Si apre la rassegna Quello che in aula non si dice con Marco Antonio Bazzocchi e Marino Sinibaldi: Continuiamo a leggere! a Palazzo Magnani. A seguire è prevista la visita guidata alla mostra Ezio Raimondi: la biblioteca infinita (per partecipare alla visita è richiesta la prenotazione via mail a info@mulino.it).
Bologna | 9 novembre | ore 11.30
Nell’Aula Magna di Santa Lucia si terrà la XXXIX Lettura del Mulino, l’appuntamento annuale che sin dalla prima edizione del 1985 ha per protagonista uno degli intellettuali più prestigiosi fra quelli che fanno riferimento al gruppo del Mulino, per mettere a fuoco un tema di particolare interesse dal punto di vista culturale.
La lectio Non siamo angeli. Solo uomini alle prese con mondi nuovi sarà tenuta da Paolo Legrenzi, professore emerito di scienze cognitive dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
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