#33 | Bologna | 8 ottobre 2024 Cara lettrice, caro lettore,bentornato in Macina.Oggi ti chiediamo di voltarti indietro e di ripensare ai giorni lontani in cui, bene o male, ti sei imbattuto i...

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#33 | Bologna | 8 ottobre 2024


Cara lettrice, caro lettore,

bentornato in Macina.

Oggi ti chiediamo di voltarti indietro e di ripensare ai giorni lontani in cui, bene o male, ti sei imbattuto in una poesia che ti è rimasta dentro, e che il tempo non è riuscito a cancellare.

Qual è il frammento che ti porti dietro?

San Martino di Carducci con la sua «nebbia agli irti colli»? I brevissimi, potenti, versi di Ungaretti? L’«ermo colle» sempre caro a Giacomo Leopardi?

Da questa stessa domanda è partito Paolo Di Paolo per scrivere Rimembri ancora. Perché amare da grandi le poesie studiate a scuola, da oggi in tutte le librerie.

Capita di ritrovarsi in tasca, in un pomeriggio qualunque, il verso di una poesia. Così, dal niente.

Dev’essere rimasto lì per anni: ora riemerge come una moneta inservibile, un vecchio scontrino, un pelucco, una caramella che non hai il coraggio di mangiare. Le parole smozzicate di una canzone senza musica. Cominciano a girare in testa.

La memoria riconsegna una sequenza di versi che credevi di avere dimenticato. Invece eccoli, intatti.  Erano ancora lì, incisi come geroglifici nella pietra.

 

 

Quello che nell’adolescenza difficilmente accade, cioè che le esperienze di vita vissuta completino il senso della poesia, può avvenire invece nella vita adulta quando ciò che abbiamo sperimentato in termini di scoperte, dolore, amore, amicizia ci aiuta a dare nuove interpretazioni al testo poetico. 

E, perché no, quando nuove parti di noi ci consegnano nuove chiavi di lettura per affrontare le relazioni con gli altri, il rapporto con il tempo che passa, con i nostri desideri, le ferite, le paure.

Paolo di Paolo è riuscito a farlo in questo libro perché è lui stesso «tante cose»: uno scrittore di saggi, romanzi e libri per ragazzi, ma anche un giornalista e un conduttore radiofonico. Nei giorni in cui era reduce dalla cinquina finalista del Premio Strega con Romanzo senza umani (Feltrinelli, 2023), lo abbiamo incontrato per una chiacchierata sulla poesia e sulle ragioni del rimembrarla.

Per molte persone la poesia è un retaggio della scuola, quanto di più lontano dalla vita di tutti i giorni. Come si ricostruisce questo rapporto?

È molto difficile sentire vicina la poesia dopo una certa fase della vita, ossia quella che coincide con gli anni di scuola: sentiamo che spesso non ci riguarda più. Il punto è che non riusciamo più a sintonizzarci con essa, come una manopola di una vecchia radio che non funziona.

E quella sintonia è possibile ritrovarla solo a patto di recuperare una confidenza con un lessico che non è il lessico della quotidianità, quelle delle frasi che diciamo al telefono, per strada o al bar.

È un lessico che sceglie parole più esatte, anche remote in qualche caso, ma l’esattezza di quelle parole ci può restituire qualcosa che comincia poi a risuonare in noi, a far vibrare una memoria del tempo, un sentimento del mondo, anche semplicemente un’immagine che appartiene al bagaglio delle nostre visioni, e che quel poeta con un’esattezza esemplare è riuscito a fissare per sempre.

 

Nel libro costruisci un percorso non cronologico: come ci sei arrivato e perché? Come hai scelto le poesie?

Ho cercato di attraversare l’orizzonte della poesia che impariamo a scuola – quindi soprattutto la poesia italiana tra Otto e Novecento – non in modo ordinato, ma giocando sulla mia formazione di lettore, su quello che essenzialmente ha colpito me. O magari anche su ciò che non mi ha colpito al primo incontro, faccio l’esempio dei Sepolcri di Foscolo che a una prima lettura mi erano sembrati molto freddi, poco capaci di coinvolgermi.

In generale sono accostamenti, lampi, connessioni, nodi che intreccio tra un verso di un poeta e qualcos’altro, magari anche attingendo alla letteratura in prosa, alla narrativa, a romanzi di contemporanei.

Si può leggere Ei fu siccome immobile, l’inizio del Cinque Maggio di Manzoni pensando ad artisti contemporanei della letteratura che hanno raccontato che cosa significa il potere.

Si può leggere una poesia di Carducci che parla dell’infanzia, di una nonna che si chiama Lucia, leggendo un narratore americano come Ray Bradbury.

Si possono usare, cioè, lenti particolari, ma la prima lente che ho usato è quella della mia stessa emotività, quello che mi sarebbe piaciuto sentir risuonare nella mia memoria e nella mia immaginazione.

 

Ad accompagnarci alla scoperta o riscoperta dei poeti del passato troviamo guide insolite: i grandi poeti del presente. Che ruolo hanno avuto, e hanno oggi, queste figure nel tuo rapporto con la poesia e con il tuo mestiere, tu che poeta non sei mai stato?

Una costante della mia adolescenza, della mia formazione di iperlettore è stata quella di cercare interlocutori nel paesaggio della letteratura contemporanea. Mi capitava di invitare scrittori e scrittrici nella mia scuola, di mandare lettere, o addirittura le primissime email a poeti e poetesse appunto a cavallo tra XX e XXI secolo.

E dentro Rimembri ancora ho provato a raccontare certi incontri folgoranti che a volte mi sembrano così straordinari da risultare irreali: una telefonata con Andrea Zanzotto che mi parla di Hölderlin mentre un’ape entra dalla finestra e gli punge un dito impedendogli di continuare a scrivere. 

Un colloquio con Edoardo Sanguineti. Una serata a casa di Maria Luisa Spaziani, il pavimento inondato di libri e lei che poi mi consegna un foglietto con una poesia scritta a mano. Telefonate a poeti che non ho avuto il coraggio di affrontare veramente, riagganciando di colpo quando ho sentito la loro voce.

E, più in generale, un tentativo di confidenza con queste figure un poco eccentriche, almeno nell’immaginario collettivo, che sono in contatto con le profondità del lessico. Come è fatto un poeta da vicino? Come è fatta una poetessa da vicino? Provo a raccontare anche questo.

 

Che cosa vorresti che rimanesse di questo libro a chi lo legge?

Mi piacerebbe che chi, magari sfidando la propria memoria in rapporto a ciò che ha appreso a scuola, cominciasse a pronunciare – che so –  il primo verso di una poesia come La nebbia agli irti colli poi avesse voglia di continuare.

E continuare a leggere e a ripensare al rapporto con quei testi, che stanno in una specie di zona dormiente del nostro bagaglio interiore, e iniziassero a svegliarsi, se non addirittura a danzare. E ci dicessero qualcosa in più di quanto hanno potuto dirci quando eravamo sui banchi di scuola, perché nel frattempo l’esperienza della vita ha arricchito il senso di ciò che ci stavano raccontando.

Allora, alla luce della vita che abbiamo attraversato, questi versi letti forse troppo presto diventano qualcos’altro, un modo per riconoscerci nelle parole che altri, geniali, esseri umani hanno scritto per tutti, comprendendo anche dentro quei versi il segreto di ciascuno di noi.
 

 


 

#Rimembriancora è anche un progetto di divulgazione della poesia nei luoghi in cui non ti aspetteresti di trovarla: Paolo Di Paolo, con la collaborazione del progetto letterario La setta dei poeti estinti, porta versi più o meno conosciuti in giro per Roma, tra chi attende un taglio di capelli o passeggia per un parco.

Guarda tutti i video usciti finora sul nostro canale YouTube e segui la nostra pagina Instagram per non perderti i prossimi!

 

 

Paolo di Paolo incontra i lettori:

16 ottobre | BOLOGNA | Biblioteca Salaborsa

24 ottobre | RIMINI | Festival del Mondo Antico

17 novembre | MILANO | Bookcity

 

Per oggi è tutto: la prossima settimana faremo un’incursione nella scienza tra infinitamente grande e infinitamente piccolo, a presto! 

 


 

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