#23 | Bologna | 9 luglio 2024
Cara lettrice, caro lettore,
bentornato in Macina.
Il prossimo 26 luglio inizieranno le Olimpiadi di Parigi, mentre domenica prossima a Berlino si giocherà la finale degli Europei di calcio.
Due eventi sportivi, due eventi politici: è quanto si impara leggendo questi due libri di Andrea Goldstein, che abbiamo pubblicato nella collana Farsi un’idea.
A Parigi si aprirà la XXXIII edizione dei giochi olimpici: una manifestazione che fa parte dei cicli della nostra vita, e di cui, di conseguenza, ci sembra di conoscere la storia.
In questi giorni «preparatori» leggiamo sui giornali che i giochi esordirono ad Atene nel 1896 in memoria degli antichi giochi di Olimpia e che il fondatore del Comitato olimpico internazionale fu il barone francese Pierre de Coubertin; ripassiamo che i cerchi olimpici simboleggiano i cinque continenti, e che i loro cinque colori sono gli unici a essere presenti in tutte le bandiere del mondo; in generale ci sentiamo a casa nei valori universali della manifestazione, di pace e dialogo tra le nazioni.
Ma come funzionano realmente le Olimpiadi? Chi le vince e chi le perde, in termini sportivi e di potere? È possibile comprendere i Giochi senza dividersi su concetti infiammabili – capitalismo, patriotismo, globalizzazione – che sempre accompagnano la loro organizzazione?
Queste pagine offrono una interpretazione critica fatta di competenza, curiosità e indipendenza di giudizio, ingredienti molto rari nel dibattito corrente e quindi preziosi.
In sette capitoli Goldstein chiarisce subito le questioni fondamentali: chi gareggia, chi decide, a che condizioni, quanto costa e chi paga.
Ma indaga anche i dubbi, le zone d’ombra e le contraddizioni: tra la manifestazione di successo, che vede aumentare esponenzialmente le discipline partecipanti (erano 26 nel 2021, 33 nel 2020, quest’anno a Parigi esordirà la breakdance) e la manifestazione in crisi, fatta di debiti e ritorni deludenti, con sempre meno località che si candidano a ospitarla e l’appetito di paesi emergenti non democratici, i cui governi faticano, perlomeno ai nostri occhi, a rappresentare credibilmente i valori fondativi dei Giochi.
1.
La politica e l’economia delle Olimpiadi
Le Olimpiadi sono un evento straordinariamente importante da molteplici punti di vista, ricco di elementi simbolici e di implicazioni materiali. Sia coloro che le attendono con trepidazione e si entusiasmano di fronte agli exploit di atleti che, spesso ignoti fino al giorno prima, divientano per il fatidico quarto d’ora oggetto di venerazione nazionale. Sia chi è invece convinto che siano un giochino molto costoso in cui, distratti dall’illusione di parlare di performance e di pace, si fanno gli interessi di sponsor, dittatori e atleti dopati.
Sono tanti i segnali che testimoniano in maniera eloquente che lo sport d’élite e la sua principale kermesse riempono funzioni significative nella vita contemporanea. Le audience televisive stratosferiche, anche nel pubblico di solito poco attento allo sport, riflettono l’ammirazione per individui disposti a qualsiasi sacrificio per raggiungere risultati straordinari, che veicolano il brivido della vittoria e l’agonia della sconfitta.
L’importanza delle gesta sportive nel rafforzare l’identità nazionale, o addirittura nel costruirla, si combina con le ricadute che tali performance hanno per l’immagine di un paese. In più, i Giochi e lo sport più in generale sono sempre più spesso un’occasione per confrontarsi su questioni fondamentali che agitano la società contemporanea - nazionalismo, protezione dei diritti umani, rapporto tra sesso biologico e identità di genere, doping - che sono il fulcro di un canone etico-sportivo moderno in cui uguaglianza, trasparenza e correttezza prendono il posto del tradizionale motto Citius, Altius, Fortius (più veloce, più alto, più forte).
Ma se è così allora quanta ingenuità, o magari ipocrisia, c’è nella regola 50 della Carta olimpica, che recita che «non è permessa nessuna manifestazione o propaganda politica, religiosa o razziale su nessun sito olimpico». La tesi, o forse l’illusione, che le Olimpiadi possano esistere in un mondo etereo, dove non esistono politica, interessi e rivalità, iniziò a fare acqua fin dalla prima edizione da cui i francesi cercarono di escludere la Germania, nell’illusione di vendicarsi così della sconfitta di Sedan.
Andrea Goldstein, dall’Introduzione
#InAgenda se sei a Genova o dintorni
12 luglio | Genova | 18:30
Andrea Goldstein incontra i lettori della libreria Coop Porto Antico di Genova per presentare Quando l’importante è vincere. Politica ed economia delle Olimpiadi, con Marco Fichera schermidore e dirigente sportivo e Alberto Alberani Samaritani, pallanuotista.
Di ipocrisia, lo sappiamo, è accusato soprattutto il nostro primo sport nazionale, il calcio.
Durante questi campionati europei lo abbiamo visto bene: chi non è affetto dal virus del pallone ha cercato ogni sera di far riflettere sui limiti del sistema calcio incarnato dalla UEFA chi invece dal divano ha seguito compulsivamente ogni partita (magari ammantando il proprio tifo proprio di «seri» ragionamenti «geopolitici»).
La dinamica di transfert è la stessa che innescano le Olimpiadi, e infatti qualche anno fa sempre Andrea Goldstein si era dedicato specificamente al Potere del pallone.
Anche in questo libro l’autore non ha ceduto all’adagio passatista per cui il sistema calcio è sempre più fatto di potere e sempre meno di sport: perché anche in questo caso le due dimensioni non sono mai state scindibili, e al pari delle Olimpiadi il calcio ha sempre avuto una dimensione politica ed è dovuto scendere a patti con l’economia.
2.
Economia e politica del calcio globale
Negli ultimi trent’anni sui quali si concentra questo libro l’importanza extra-sportiva del calcio è cresciuta esponenzialmente. Come osservato di recente dal governo britannico, «in tutto il paese, i club di calcio sono un pilastro della comunità locale».
Locale, certo, ma il calcio, che è sempre stato globale, lo è diventato ancora di più a partire dal 1990 circa, quando sia la realtà dell’economia, della politica, della società, della cultura e dello sport, sia le loro rappresentazioni simboliche si sono ammantate di retorica e pratica di liberalizzazione, integrazione e privatizzazione.
Andrea Goldstein, dall’Introduzione
3.
Dal nazionale al globale: il calcio riletto da Goldstein
Se l’età dell’oro che siamo soliti rimpiangere, il «calcio di una volta», fatto di scarpe rotte e prato, non è mai esistito, allora anche il tifo è una follia senza tempo. Possiamo solo esserne consapevoli.
Per prepararci alla finale di domenica, proprio dal Potere del pallone abbiamo estratto una breve cronologia del calcio globale. La potrai raccontare a chiunque ti chieda che senso ha guardare una finale senza l’Italia, mentre fuori c’è il sole: «Se non ti occupi di calcio un giorno il calcio si occuperà di te!».
Di quali di questi avvenimenti conservi ricordo?
1990 - Il derby serbo-croato tra Stella Belgrado e Dinamo Zagabria diventa il primo atto della guerra che distrugge la Jugoslavia.
1992 - Nasce la Premier League inglese, il modello di business che traghetta il calcio dallo sport allo spettacolo.
1995 - Fatta l’Europa bisogna fare gli europei. La sentenza Bosman della Corte di giustizia dell’Ue abolisce ogni limitazione al numero di stranieri per club.
2002 - È il momento dell’Asia. I mondiali di Corea e Giappone spostano in Estremo Oriente i flussi finanziari e gli sponsor. Da lì a breve la rete internet cambierà la fruizione dei campionati nazionali.
2003 - Il magnate russo Roman Abramovic compra il Chelsea, la prima squadra di Londra. Ne sarà presidente fino al maggio di quest’anno, quando dovrà abbandonare a seguito della guerra della Russia in Ucraina e delle sanzioni dell’Occidente.
2008 - D’intesa con la Casa Saudita, l’imprenditore Khaldun al-Mubarak compra il Manchester City.
2015 - Il leader cinese Xi Jinping visita il Regno Unito: al centro del suo tour mette le strutture sportive del Manchester City.
2019 - Domenica 3 febbraio 2019: in onore del Capodanno cinese, l’Inter scende in campo con i nomi sulle magliette scritti in ideogrammi (ce lo ricordiamo bene perché l’avversario era il Bologna, la squadra del Mulino!).
2020 - La multinazionale JP Morgan sostiene il progetto della European Super League: un nuovo campionato su modello delle competizioni americane, partecipato solo da grandi club che si confrontano senza lo spettro della retrocessione e senza dover sopportare antieconomiche trasferte in periferia. La sollevazione dei tifosi di ogni piazza del continente è furente: “We want our cold nights in Stoke”, è lo slogan dei tifosi del Chelsea, con riferimento alla più disagiata trasferta del calcio inglese. Ma ad affossare la Super League saranno altri poteri: le reazioni politiche dell’UEFA e di alcuni club influenti. Per quanto tempo?
Per oggi è tutto, alla prossima in Macina!
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