#17 | 28 maggio 2024 Cara lettrice, caro lettore,bentornato in Macina.Tra giovedì 6 e domenica 9 giugno si svolgeranno le elezioni europee. Circa 359 milioni di cittadini, distribuiti sui 27 pa...

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#17 | 28 maggio 2024


Cara lettrice, caro lettore,

bentornato in Macina.

Tra giovedì 6 e domenica 9 giugno si svolgeranno le elezioni europee. Circa 359 milioni di cittadini, distribuiti sui 27 paesi membri, si recheranno alle urne per votare il Parlamento dell’Unione europea.

Si tratta di un appuntamento molto importante: sia per il significato politico che, in un frangente di guerra, acquisisce un esercizio continentale di democrazia, sia perché il Parlamento europeo ha assunto nel tempo poteri sempre più determinanti per il nostro futuro.

Si tratta infine di un appuntamento relativamente nuovo, perché per questa istituzione possiamo votare solo dal 1979: le prossime elezioni saranno soltanto le decime

 



L’informazione istituzionale dell’Ue è ben curata e può aiutare a saperne di più: chi vota per la prima volta trova tutte le informazioni a questo link.

Ma per capire l’Europa i vademecum non bastano, servono buoni libri e riflessioni nutrienti. Noi in tema ne abbiamo tanti, perché siamo stati la casa culturale di grandi europeisti, a cominciare da Altiero Spinelli (su questo torneremo presto, qui trovi un buon podcast).

Per essere utili, oggi ti segnaliamo due uscite: l’ultimo numero della rivista «il Mulino» e il libro di Claudio Martinelli dedicato al funzionamento del Parlamento europeo.

L’ultimo numero della rivista «il Mulino» si intitola Il futuro dell’Europa, l’Europa del futuro. Potrai trovarci le autorevoli testimonianze di chi l’Europa unita ha contribuito a costruirla con scelte e azioni politiche: personalità come Romano Prodi, Giuliano Amato, Ignazio Visco, Paolo Gentiloni.

Con l’occasione a Romano Prodi abbiamo fatto qualche domanda sul suo passato di Presidente della Commissione, ma soprattutto sul presente >>> guarda il video

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Il secondo consiglio riguarda la nuova uscita della collana «Riscoprire le Istituzioni», a cura di Francesco Clementi.

Claudio Martinelli, che insegna all’Università Bicocca di Milano, in questo libro spiega con parole semplici perché nasce il Parlamento europeo, come funziona e a cosa serve. Lo ha scritto avendo in mente i suoi giovani studenti, ma ne è uscita una fotografia utile a tutti.

Lo abbiamo intervistato in vista del voto:

1. Professore, che cosa sono le elezioni europee? Per che cosa votiamo?

Sono elezioni per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo (PE), ovvero dell’assemblea rappresentativa di tutti i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea. Questa assemblea è eletta a suffragio universale e diretto dal 1979.

È l’unico organo dell’Ue a essere eletto direttamente dai cittadini, mentre il Consiglio è composto dai ministri dei governi nazionali, il Consiglio europeo dai capi di Stato o di governo dei Paesi membri e la Commissione da personalità indicate dai governi, un membro per ciascuno Stato.

La natura del PE è marcatamente sovranazionale. Con il loro voto i cittadini europei stabiliscono i rapporti di forza tra le diverse famiglie politiche europee che poi, all’inizio della legislatura, formeranno i Gruppi parlamentari.

 


2. Quali sono i poteri del Parlamento europeo, che cosa fa? E in che cosa è diverso oggi rispetto all’inizio della sua esistenza?

Nel corso della sua storia l’assemblea europea è stata protagonista di continue evoluzioni e trasformazioni che, dalla posizione tutto sommato secondaria che ricopriva all’inizio del processo di integrazione, l’hanno portata ad assumere un ruolo sempre più cruciale nell’ordinamento e nelle dinamiche politiche. Oggi i suoi poteri sono molto estesi e abbracciano diversi ambiti della vita dell’Unione.

Per comprenderne la portata è possibile schematizzarli in tre categorie.

- Poteri relativi alla forma di governo: dopo le elezioni, il Consiglio propone un nome per la carica di Presidente della Commissione, che poi viene sottoposto al voto del Parlamento e approvato a maggioranza assoluta.

- Poteri legislativi: il Parlamento europeo ricopre funzioni di co-legislatore, ossia contribuisce con la Commissione e il Consiglio a scrivere e approvare le norme contenute negli atti più importanti prodotti dall’Unione europea, come i Regolamenti e le Direttive.

- Poteri di controllo: il Parlamento europeo esercita importanti funzioni di controllo sull’operato degli altri organi dell’Unione europea, attivando strumenti di tipo conoscitivo e potendo applicare una discreta gamma di sanzioni.

Come racconto nel mio libro, i Trattati di Lisbona del 2007, attualmente in vigore, hanno trasformato il Parlamento da simbolo a motore democratico dell’Unione europea.

 


3. Quest’anno quali sono i candidati? E quale il sistema di voto? Cambia da Paese a Paese o esiste una legge elettorale europea?

Esistono poche ma significative regole elettorali decise a livello europeo e, dunque, valide in tutti gli Stati membri. Forse la più rilevante è la previsione che tutte le leggi elettorali nazionali perseguano una rappresentanza di tipo proporzionale, così da consentire ad un ampio numero di forze politiche di essere presenti nell’Assemblea. Tuttavia, non esiste una legge elettorale europea, ma tante leggi elettorali nazionali.

A ogni paese è garantito un numero di seggi proporzionale alla sua popolazione. Il prossimo Parlamento sarà composto da 720 membri. Quelli attribuiti all’Italia sono 76.

La nostra legge elettorale prevede che il territorio sia suddiviso in cinque grandi circoscrizioni (Nord-Ovest; Nord-Est, Centro, Sud e Isole). In ogni circoscrizione ciascun partito politico presenta le proprie liste di candidati. Per essere eletti al Parlamento europeo è necessario avere almeno 25 anni, mentre per votare è sufficiente essere maggiorenni.

Al momento del voto, l’elettore mette una X sul simbolo del partito prescelto. Poi, se vuole, può esprimere fino a tre preferenze tra i candidati che il suo partito ha inserito nella propria lista. Se l’elettore esprime più di una preferenza, deve indicare candidati appartenenti a sessi diversi (p. es.: un uomo e una donna; un uomo e due donne; due donne e un uomo).

 


4. Quali sono gli scenari politici possibili, a seguito di questa tornata elettorale?

Il voto degli elettori è in grado di determinare diversi e variegati scenari politici per la prossima legislatura. Si tenga presente che nell’Assemblea europea i Gruppi parlamentari sono formati da un numero minimo di 23 deputati, provenienti da almeno un quarto degli Stati membri, appartenenti a partiti nazionali affini che si riconoscono in famiglie politiche europee.

Tradizionalmente, dal punto di vista politico, il Parlamento europeo si regge sugli accordi tra alcune famiglie politiche da sempre rappresentate in Parlamento: i Popolari, i Socialisti e i Liberali. Famiglie politiche che si ritrovano spesso anche nei governi nazionali e, quindi, nella composizione del Consiglio.

Lo scenario della legislatura che si sta chiudendo ha visto la riproposizione di questi equilibri, con l’aggiunta di altre famiglie, come quella dei Verdi, e anche di partiti nazionali meno facilmente collocabili nel panorama europeo, come nel caso del Movimento 5 Stelle.

Altre consistenti famiglie politiche, come quelle di stampo conservatore e sovranista, hanno invece preferito restare fuori dal perimetro di questi accordi, riservandosi di assumere posizioni politiche pienamente in linea con la loro impostazione critica verso gli indirizzi dell’Unione europea.

Ebbene, gli elettori europei, con il loro voto, decideranno i rapporti di forza tra tutte le famiglie politiche rappresentate. Potranno confermare i consueti equilibri, votando per le forze che li hanno sempre assicurati, ovviamente decidendo, dentro questo quadro, quali premiare e quali fare arretrare. Oppure potranno cambiarli, anche radicalmente, privilegiando i partiti appartenenti alle famiglie più inclini a rallentare il processo di integrazione a beneficio della sovranità degli Stati membri. Dunque, un voto particolarmente importante, in un momento cruciale della storia dell’Unione europea.

 


5. In che modo il PE pesa sulla scelta del Presidente della Commissione?

Anche da questo punto di vista il peso del Parlamento è ormai molto consistente. La scelta del Presidente della Commissione vede coinvolti il Consiglio europeo e il Parlamento. Il primo, cioè l’organo composto dai capi di Stato e di governo dei Paesi membri, con un voto a larga maggioranza propone un nome al Parlamento. Quest’ultimo, dopo un’approfondita discussione, elegge il candidato proposto a maggioranza assoluta. In caso contrario, il Consiglio europeo avrà un mese di tempo per proporre un altro candidato al Parlamento, che verrà votato con la stessa procedura.

Alcune norme introdotte da decisioni del Parlamento europeo caldeggiano l’opportunità che la scelta del Presidente della Commissione ricada sul leader (il c.d. Spitzenkandidat, ossia il candidato di punta) della famiglia politica più votata dai cittadini europei. Tuttavia, non è detto che accada sempre così, proprio perché l’individuazione del Presidente non spetta al solo Parlamento ma entra in gioco anche il Consiglio europeo che a sua volta si regge grazie alla continua ricerca di equilibri e compromessi politici.

Pertanto, è anche possibile che, per la ricerca delle migliori condizioni politiche complessive su cui far nascere una legislatura, la scelta non cada sullo Spitzenkandidat, bensì su un altro esponente politico. Ne fu un esempio nel 2019 proprio la scelta di Ursula von der Leyen, appartenente al Partito popolare europeo, ossia la famiglia più votata, che venne preferita all’uomo politico che i Popolari avevano indicato come loro leader prima delle elezioni.

 


6. La Commissione è il governo europeo? È corretto affermarlo? In che relazione sta con il PE?

La Commissione è l’altra grande istituzione politica dell’Unione europea che agisce secondo criteri di tipo sovranazionale. Attualmente è composta da un membro indicato da ciascuno Stato (dunque, oggi 27), ma la sua caratteristica principale è di svolgere le sue funzioni con grande indipendenza sia rispetto agli Stati, sia nei confronti degli altri organi dell’Unione.

È composta dal Presidente, da sette vicepresidenti, tra i quali spiccano le figure del primo vicepresidente e dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza comune (il cosiddetto Mr. Pesc), e da diciannove commissari, ciascuno a capo di strutture con competenze assimilabili a quelle di un ministero.

Tra le sue funzioni principali vi sono il potere di iniziativa legislativa, attribuitole in via esclusiva, e il potere esecutivo dell’Unione: ossia, alla Commissione spetta di dare attuazione agli atti legislativi deliberati dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei ministri. In questo senso può essere considerata il «governo europeo», anche se la struttura degli organi dell’Unione europea e il sistema dei loro rapporti non rispecchiano esattamente quelli che troviamo nelle Costituzioni nazionali.

Le sue relazioni con il Parlamento sono molto strette e assidue. Il Parlamento è determinante per la sua formazione: sottopone ad uno screening molto serrato ciascun candidato alla carica di Commissario e vota a maggioranza l’entrata in carica dell’intera compagine. Inoltre, Commissione e Parlamento (nonché il Consiglio) interloquiscono quotidianamente sui temi della produzione legislativa, confrontandosi alla ricerca delle soluzioni più opportune. Si tratta dei cosiddetti «triloghi», appunto discussioni con tre partecipanti, che costituiscono il luogo principale delle decisioni dell’Unione europea in materia legislativa.

 


7. Che bilancio si può dare del quinquennio di Ursula? Quali sfide avrà di fronte il nuovo governo europeo?

Un bilancio su un ciclo politico è sempre relativo alle opinioni di chi lo traccia. Nel caso specifico, a mio parere la Commissione ha operato efficacemente, nei limiti delle sue possibilità, su alcune tematiche cruciali che hanno caratterizzato la legislatura che si sta per chiudere: promozione del Next Generation EU e coordinamento dei Recovery Plan nazionali, approvvigionamento dei vaccini per contrastare la pandemia, linea politica chiara e determinata di appoggio all’Ucraina contro l’aggressione russa, ricerca di rimedi alla crisi energetica, difesa dello Stato di diritto, mantenimento dei principi di fondo sulla disciplina di bilancio.

Più in chiaroscuro mi sembra il giudizio rispetto al Green Deal e alla transizione energetica, dove spesso la Commissione ha mostrato una certa propensione verso politiche di stampo dirigista che, non tenendo nel dovuto conto le diverse esigenze provenienti dai quattro angoli del Continente, hanno talvolta provocato un forte malcontento e pressanti richieste di maggiore flessibilità, a cui la Commissione ha dovuto dare seguito mostrando così qualche debolezza politica.

Le sfide che la prossima Commissione dovrà affrontare continueranno a ricalcare alcune di queste tematiche, tutt’altro che risolte, oltre ad altre che si presenteranno in corso d’opera. Il grande interrogativo è se questo organo, ma più in generale l’intera Unione europea, avranno la capacità di affrontarle con le strutture e i poteri di cui dispongono oggi, oppure l’enormità dei problemi mostreranno a tutti la necessità di dotare queste istituzioni di ulteriori competenze e capacità decisionali.

Per continuare ad approfondire:

Per oggi è tutto, alla prossima Macina!
 



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