8 FEBBRAIO 2024
Care lettrici, cari lettori,
questa è la settimana del Festival di Sanremo. «Un baraccone, certo, ma il nostro baraccone», per citare l’articolo scritto un anno fa da Luca Barra, che metteva l’accento sulla dimensione nazionale di questo periodico karaoke.
Di Sanremo e di musica ci siamo occupati spesso. Non solo per la dimensione politica che possiedono il canto e qualsiasi spettacolo che abbia una tale mole di «consenso» (i dati Auditel anche quest’anno sono impressionanti, soprattutto sulla fascia dei giovani 15-34), e non solo per il gusto che alcuni intellettuali hanno sempre avuto di riflettere sul popolare.
Il punto è che da Sanremo e dalle sue canzoni nessuno può esimersi completamente. Sanremo è da sempre, per tutti, «specchio della nostra epoca», o comunque finge molto bene di esserne incarnazione.
Edmondo Berselli, a lungo anima della nostra rivista, firmò una Storia dell’Italia leggera per spiegarci che non sono solo canzonette. Lui stesso però ammetteva di non avere certezze sulla natura del potere della canzone, che se da un lato racconta la società che c’è, dall’altro crea la società che ancora non c’è. Era il 2007 e Berselli scriveva:
«C’è infatti un discrimine assai incerto su ciò che sono le canzoni: specchi o specchietti della realtà sociale e culturale; oppure, a loro volta, manufatti "produttori" di cultura e di società. Voglio dire: si può interpretare Sapore di sale come la traccia lasciata da un cantautore a sigillo di un cambiamento avvenuto nei comportamenti erotici degli italiani; ma nello stesso tempo perché escludere che Gino Paoli abbia fatto da acceleratore all’evoluzione dei costumi, e che le parole di quella canzone abbiano prodotto o contribuito a realizzare quel cambiamento? Nel momento in cui una canzone ufficializza la trasformazione, ne diventa anche il manifesto e il canone».
Anche grazie alle intuizioni di Berselli, possiamo rileggere e capire meglio tutti i nostri Sanremo. Ad esempio la vittoria di Domenico Modugno con Nel blu dipinto di blu, un pezzo che porta nel futuro la tradizione (era il 1958).
CALENDARIO CIVILE
Va in onda sul Programma nazionale la terza e conclusiva serata del Festival della canzone italiana. Un semi-sconosciuto Domenico Modugno canta l'amore con gli occhi di un surrealista
O la tragica scomparsa di Luigi Tenco, nella serata in cui Ciao amore ciao non venne ammessa alla finale (era il 1967):
CALENDARIO CIVILE
A seguito dell'eliminazione del suo brano dal Festival della canzone italiana, Luigi Tenco si tolse la vita nella stanza 219 dell'Hotel Savoy di Sanremo
Per arrivare ai Måneskin, che funzionano anche grazie a nuove variabili (vedi i rimbalzi algoritmici), ma che custodiscono nel cuore del proprio successo la perfetta miscela sanremese di «iper-modernità antimoderna», «disinibizione innocua» e «contemporaneità nel passato», per richiamare tre espressioni di Daniele Balicco.
una miscela perfetta
Il gruppo romano ha conquistato il pubblico – prima in Europa e poi negli Stati Uniti – con un'intelligente strategia di mercato che seduce dosando iper-modernità e tradizione
«La combinazione dei quattro funziona proprio nel bilanciamento fra presente e passato, fra sapore cosmopolita e provincialismo rassicurante; per un verso, celebrando alcune caratteristiche verosimili della generazione Z – la fluidità di genere, la queerness, la gestualità infantilmente disinibita; per un altro, fortificando una più composta atmosfera vinile, tradizionale e innocua, in qualche modo classica e provinciale» [Daniele Balicco]
Sanremo è il passato che cerca di non passare mai, il futuro che arriva nonostante tutto. Sanremo è televisione, certo. Ma questo non significa non possa essere anche libri: qui ne ricordiamo tre, sempre per stare in tema e sempre del nostro editore.
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