Andrea Graziosi
L'Unione Sovietica in 209 citazioni
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Alcune citazioni dal libro |
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Noi, i vecchi, forse non sopravvivremo fino alle battaglie
decisive della rivoluzione futura. Ma penso di poter esprimere
con grande sicurezza la speranza che i giovani […] avranno
la felicità di non combattere soltanto, ma anche di ottenere
la vittoria nella futura rivoluzione proletaria.
V.I. Lenin, conferenza a Zurigo, gennaio 1917,
poche settimane prima della rivoluzione di febbraio
e qualche mese prima dell’ottobre
L’atteggiamento verso Lenin come leader rivoluzionario fu sostituito da un atteggiamento simile a quello verso il capo di una gerarchia ecclesiastica. Contro le mie proteste venne
costruito un mausoleo sulla Piazza rossa, un monumento indegno della coscienza rivoluzionaria e offensivo nei suoi confronti.
L.D. Trockij, La mia vita
«Perché non si trova da mangiare? Perché tutto va peggio
e niente meglio?» [...] «Come si sa, le “masse” alle assemblee
non ci vanno, anche perché i dirigenti dicono: “che protestate
a fare, se è tutto vostro?”, provocando reazioni furiose: Nostro,
nostro» […] «Ora uno, ora l’altro operaio scompare improvvisamente,
e dopo qualche mese si viene a sapere che è stato
arrestato e esiliato, come trockista o socialdemocratico» […]
«Più di tutto gli operai pensano al pane. Tutti dicono che
visto che la Russia è un paese tradizionalmente ricco di pane,
se questo manca la colpa è del governo» […] «Non viviamo,
piuttosto ci tormentiamo. A casa e in fabbrica tutto va storto.
Vedo mia moglie e il bambino solo a sprazzi. La nostra fabbrica
è passata alla settimana ininterrotta, e quella dove lavora mia
moglie pure. Io riposo il giovedì, mia moglie il sabato, e mio
figlio, anche lui a scuola ininterrotta, il mercoledì. La moglie
fa le 7 ore [su tre turni] e torna a casa a sera inoltrata. Nei
giorni di festa sto sempre solo».
Lettere operaie al «Socialisticeskij vestnik»,
organo menscevico all’estero, vari numeri, 1929
Ci sono persone, comunisti e marxisti, tenacemente convinte che i Rembrandt e i Raffaello ci siano necessari e che
non li si possa vendere. Ma a me stanno molto più a cuore
la Banca di Stato e la valuta convertibile, e che vadano al
diavolo loro e i loro Rembrandt.
G.L. Pjatakov, settembre 1929
Sapete che sono sempre stato dell’idea che oggetti che
hanno fatto parte per molti anni delle collezioni dei Vostri
musei non devono essere venduti. Essi non solo fanno parte
del patrimonio nazionale, ma sono anche un’importante
fonte di cultura e oggetto di orgoglio nazionale […] [Se li
vendete] il prestigio dello stato soffrirà. State facendo di
tutto per danneggiarvi […] Vi dico sinceramente che non
dovreste vendere né a me, né tanto meno agli altri.
Gulbenkian, che aveva acquistato dai bolscevichi
numerosi capolavori dell’Hermitage, a G.L. Pjatakov
Per avere [più soldati] abbiamo bisogno di più soldi.
Dove possiamo prendere questi soldi? Ritengo sia necessario
aumentare, per quanto possibile, la produzione di vodka.
Dobbiamo abbandonare ogni falsa vergogna e spingere
apertamente per la massima produzione di vodka.
I.V. Stalin a V.M. Molotov, 1° settembre 1930
È straordinario. Non solo in confronto alla tua sorte di
deportato, ma in confronto a tutta la precedente vita degli
anni Trenta, anche in libertà, anche nel benessere dell’attività
universitaria […] la guerra è stata una tormenta purificatrice,
una corrente d’aria fresca, un presagio di salvezza […]
Tutti, all’interno e al fronte respirarono più liberamente, a
pieni polmoni, gettandosi come inebriati, con un senso di
vera felicità, nel crogiuolo della lotta tremenda, mortale e
salvatrice.
Un ufficiale a un commilitone,
in B.L. Pasternak, Živago
[Solo nella seconda guerra mondiale] imparammo
per la prima volta cosa davvero significhi «Russia». Già
le prime battaglie del giugno 1941 ci rivelarono cos’era il
nuovo esercito sovietico. Le nostre perdite raggiunsero il
50% […] L’Armata rossa del 1941-45 era molto più dura
di quella zarista […] [Si combatteva] secondo la massima
del «tu o io».
Generale G. Blumentritt, capo di stato maggiore
di von Rundstedt
Stalin: Nel nostro partito vi è, di fatto, un grave scisma,
dal basso verso l’alto […] Devo informare il plenum
che anche nel nostro Politburo vi è uno scisma. Molotov ha
posizioni antileniniste. Mikojan commette errori di carattere
trockista […] Propongo di ascoltarli adesso.
Molotov: S-s-sono s-sempre stato un allievo del compagno
Stalin […]
Stalin (interrompendolo): Stalin non ha allievi. Solo il
compagno Lenin ne ha.
Plenum dell’ottobre 1952, secondo gli appunti
di A.M. Rumjancev, poi dirigente del partito
e accademico progressista
Quando morì Lenin, non si eresse nemmeno un busto.
Quando morì Stalin non c’era una sola città in cui non si
erigesse una statua. Non riuscivamo a immaginare a cosa
potessimo dare il suo nome, per immortalarlo nel giorno
della sua morte, perché qualunque cosa avessimo fatto sarebbe
stata di gran lunga inferiore a quel che aveva compiuto nella
sua vita. Può questo essere giusto? È questa una giusta educazione?
Non c’era alcuna modestia, anche se parlava tanto
di modestia. C’erano molti difetti che, sfortunatamente non
potevamo […] [correggere?]. Noi stessi ne soffrivamo. Un
anno ho fatto le vacanze con lui. Vivevo alla porta a fianco.
Lo dissi ai miei amici e questi capirono e mi dissero «se sei
ancora vivo dopo queste vacanze, ringrazia Dio». Perché?
Perché dovevo cenare con lui tutti i giorni. Significa che dovevo
ubriacarmi tutti i giorni. Perdonatemi. Sto forse parlando
troppo sinceramente ? [Voci dalla platea (in russo): Stai
dicendo la verità. Dilla. Dilla] […] Ma se non bevevi con
lui e non mangiavi con lui eri il suo nemico. Il suo nemico.
Questo tipo di assurdità. Come è potuto accadere?
Dal discorso di N.S. Chrušcev al sesto plenum
del Comitato centrale del Partito polacco,
Varsavia, 20 marzo 1956
[Chrušcev] vuole migliorare le relazioni con gli Stati
Uniti? Benissimo, gli faremo le nostre congratulazioni a
colpi di cannone [sparando sulle isolette di Taiwan] […]
Facciamo sì che gli americani siano coinvolti. Magari riusciamo
a spingerli a buttare una bomba atomica su Fujian
[…] Vedremo che dirà allora Chrušcev.
Mao Ze-dong, agosto 1958
Si crederebbe che, in quanto primo segretario, posso
cambiare tutto quel che voglio in questo paese. Il diavolo
sa se è vero! Qualunque cambiamento propongo e attuo,
tutto resta come prima. La Russia è come una vasca piena
di impasto per il pane: ci immergi le mani, tocchi il fondo
e credi di essere il padrone della situazione. Quando le tiri
fuori, dapprima restano due buchi, poi però, di fronte ai tuoi
stessi occhi, l’impasto li riempie, e tutto torna una massa
gonfia e spugnosa.
N.S. Chrušcev a Fidel Castro, gennaio 1963
Non conoscete la vita. Nessuno vive del suo salario. Ricordo
che quando ero giovane […] lavoravamo a scaricare
vagoni. E come facevamo? Tre sacchi, o tre casse, allo stato,
uno a noi. Così vivono tutti in questo paese.
L.I. Brežnev, al suo consigliere progressista,
A.E. Bovin, che si lamentava dei bassi salari
Il destino ha deciso […] che c’era qualcosa di sbagliato
in questo paese. Avevamo di tutto e in abbondanza: terra,
petrolio, gas […] intelligenze e talento – eppure abbiamo
vissuto molto peggio dei popoli degli altri paesi industrializzati,
e il divario andava costantemente allargandosi.
M.S. Gorbacev, discorso televisivo del 25 dicembre 1991,
che annuncia la fine dell’Urss
In tutta la nostra storia il mutamento è sempre avvenuto
dall’alto. Ed è stato attuato con la forza. Ma a me non è dato
usare la forza, perché altrimenti comprometterei la mia stessa
mèta. Non si può imporre la democrazia al popolo, si può solo
dargli la possibilità di esercitarla. Quel che stiamo cercando
di fare è senza precedenti. Dobbiamo capovolgere la storia
russa. Dobbiamo insegnare al nostro popolo ad autogovernarsi,
qualcosa che non gli è mai stato permesso di fare.
M.S. Gorbacev a J.F. Matlock, ambasciatore
degli Stati Uniti a Mosca, 1987-88
E ora gridano: «Caos!» «I negozi sono vuoti!» «Il
Partito cade a pezzi!» «Non c’è più ordine!». Ma avevamo
scelte? La storia non è mai stata fatta in altro modo. Di
regola, i grandi cambiamenti sono accompagnati da grandi
spargimenti di sangue. Siamo riusciti fin qui ad evitarlo,
il che è, di per sé, un successo colossale […] Tutto ciò che
facciamo lo facciamo per il popolo, per diventare civilizzati
[…] No, non ho rimpianti, e non ho paura.
M.S. Gorbacev ai suoi collaboratori, maggio 1990
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