Paolo Prodi
Settimo non rubare
Furto e mercato nella storia dell’Occidente
Un brano dal testo |
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Cap. VI. L’insostenibile leggerezza del furto, pagg. 376-377
Il tema del furto ci aiuta a mio avviso a capire che anche
per quanto riguarda il mercato stiamo uscendo da un’epoca: il
dualismo nel quale il mercato occidentale si è sviluppato negli
ultimi secoli nella dialettica tra i due piani di norme, quelle
positive e quelle morali, tra potere politico e potere economico,
tra il furto come peccato, il furto come colpa e il furto come
reato sta finendo. Questo pluralismo è ora messo in crisi (come
la stessa democrazia) per la tendenza dell’economico a inglobare
in un nuovo monopolio del potere tutta la vita dell’uomo. È
il concetto stesso di furto a mutare radicalmente: mentre nei
secoli dell’età moderna esso era principalmente lesione delle
regole del mercato e negli ultimi due secoli, nell’era industriale,
soprattutto sfruttamento del lavoro salariato, ora esso deve fare
i conti con realtà del tutto nuove. Entriamo in un’età in cui
non appare molto semplice definire la proprietà un furto come
faceva il buon Proudhon: sembra sia passata un’intera epoca
storica e non sono passati nemmeno duecento anni.
Sembra evidente a qualsiasi osservatore della realtà economica
attuale che il confine tra il rubare e il non rubare,
tra il furto e il comportamento «onesto» diventa sempre più
incerto di giorno in giorno come sempre più incerto appare il
confine tra la proprietà privata e il bene comune. Gli scandali
più grandi, le grandi truffe finanziarie (Enron, Parmalat, bond
argentini ecc.) sono noti a tutti ma dobbiamo essere ben coscienti
che si tratta soltanto delle più alte vette di un sistema
montuoso costituito da un’enorme catena di furti impuniti o
quasi legalizzati, senza più alcuna rete di protezione fornita
da un’etica condivisa.
Soprattutto, al di là degli scandali e dei casi di corruzione
su cui si punta l’attenzione dell’opinione pubblica, siamo in presenza di patologie e trasformazioni ben più profonde e
invasive. John Kenneth Galbraith ha definito questi fenomeni
come Economia della truffa. Il problema è che davvero è
scomparso il confine tra il furto e il comportamento onesto,
tra il lecito e l’illecito. Al centro della scena si pongono a mio
avviso tre problemi fondamentali: il formarsi di un capitalismo
finanziario del tutto nuovo, delocalizzato, invisibile e irresponsabile;
il problema delle limitazioni delle risorse del pianeta,
in particolare di quelle energetiche e delle materie prime;
il problema delle minacce incombenti sulla sopravvivenza
dell’ambiente naturale, non solo nei termini di inquinamento
ambientale ma anche di genetica e di controllo da parte delle
grandi corporazioni della nostra vita quotidiana.
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